Per non dimenticare

Il 30 gennaio 2015 presso l’ aula magna della scuola si è svolto un importante evento per celebrare la giornata della memoria. Alberto Mieli, nato a Roma il 1925, ebreo, catturato al età di 17 anni e deportato ad Auschwitz, ci ha dato una commovente testimonianza della sua storia. Presente al incontro ance il nostro dirigente scolastico Patrizia Sciarma, e  l’assessore alla scuola Cristina Alunni.

All’inizio dell’incontro ci è stato mostrato un video realizzato da alcuni alunni della scuola che hanno avuto la possibilità di recarsi ad Auschwitz. Il signor Alberto inizia la sua testimonianza raccontandoci che più volte è riuscito a scampare alla morte. La prima quando fu arrestato ed interrogato dalla Gestapo per due francobolli che gli erano stati trovati addosso regalatigli da due partigiani di cui neanche conosceva il nome. Dopo essere stato torturato in carcere venne deportato. Del viaggio ci ha raccontato cose atroci: uomini che gli morivano accanto usati come cuscini per riposare fino a quando non venivano buttati giù da treno. Arrivati al campo di concentramento venivano spogliati e marchiati con un numero di riconoscimento sul braccio. “Ci marchiavano come bestie, solo che gli animali dopo essere stati marchiati sono liberi, noi no”. Privato del nome, sostituito da un numero che gli costò tante botte, in quanto non ne conosceva la pronuncia ne in tedesco ne in polacco e quando veniva chiamato non rispondeva. Del campo ci racconta molte cose orribili. “Ho visto l’apice della cattiveria e della malvagità umana. In quei campi avvenivano episodi che nessuna mente umana può concepire e che a distanza di più di 70 anni ricordo ancora alla perfezione, come se fossero avvenuti ieri.” Di tutto quello che ha vissuto, ciò che più lo ha sconvolto è stata l uccisione senza motivo di molti neonati. Non sopportavano il pianto dei bambini piccoli, per cui l prendevano, li facevano dondolare e poi con violenza li lanciavano in aria e gli sparavano come fossero dei volatili. Ci ha raccontato anche di un suo compagno che per non aver salutato un ufficiale è stato punito da questo che gli ha cavato un occhio con un fucile e di un prete belga che si era costruito di nascosto un crocifisso, e che, scoperto, era stato torturato barbaramente proprio con quel crocifisso fino ad essere ucciso. Lui si considera fortunato per essere stato mandato a lavorare nelle fabbriche di guerra dove almeno avevano la possibilità di catturare i topi e mangiarli. Quegli stessi topi che prima di essere catturati lo impressionavano cosi tanto e che ora scherzando dice che erano buoni solo poco salati. Cerca di sdrammatizzare il signor Alberto, ma poi si commuove spesso mentre parla, come quando ci racconta della “marcia della morte”, ben 620 km a piedi, di giorno e di notte, al freddo e senza mangiare, per andare da un campo ad un altro e durante il quale molti hanno perso la vita. Sceglie di finire la sua testimonianza con quattro frasi:

“Non portate mai con voi nè odio nè rancore.”
“Non date mai dispiaceri ai vostri genitori, che sono quelli che vi amano e vi crescono con sacrificio.”
“Non date mai ascolto a compagni balordi che vi possono portare sulla cattiva strada.”
“Non fatevi mai togliere la libertà, che è il dono più grande che abbiamo dopo la vita stessa.”

Niccolò Faraone, Alessandra Mancini, Alessia Matteis, Irene Sbarigia, Deara Veracini, Swami Velocci.

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